Dottorato e Postdoc, la via della ricerca in Università ha pochi sbocchi

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Lavorare in Università e svolgere attività di ricerca è l’obiettivo di molti giovani; purtroppo la carriera in questo ambito è quanto mai difficile, come dimostrano i dati della VIII Indagine di ADI – Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia – su Dottorato e Postdoc.

I dati della ricerca sono stati illustrati a inizio maggio presso il Senato della Repubblica e mostrano, abbastanza impietosamente, come la carriera lavorativa all’interno delle nostre università sia obiettivo estremamente difficile.

L’indagine di ADI infatti illustra nel dettaglio le condizioni di vita e di lavoro dei dottorandi in Italia, evidenziando le conseguenze dei tagli che hanno colpito il mondo dell’Università e illustrato le reali prospettive di carriera di chi ottiene un dottorato di ricerca.

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Dottorato e postdoc, cosa ci dicono i dati ADI

Secondo le elaborazioni condotte sui dati ministeriali, dopo il timido aumento registrato l’anno precedente, i posti di dottorato banditi in Italia nel 2018 registrano una flessione: dai 9.288 del 2017 agli 8.960 dell’anno seguente (-3,5%). Dal 2007, anno precedente alla conversione in legge del decreto Gelmini, i posti di dottorato banditi si sono ridotti addirittura del 43,4%. Anche i dottorati, dunque, riflettono le conseguenze dei tagli che hanno colpito il settore dell’Università negli ultimi dieci anni.

La riduzione dei posti messi a bando non è uniforme sul territorio italiano: dal 2007 al 2018 il Nord ne ha persi il 37%, il Centro il 41,2% e il Mezzogiorno il 55,5%. Questa dinamica non fa che aumentare le differenze che già esistevano tra le tre grandi macroaree del Paese: oggi il Nord conta il 48,2% del totale dei dottorati banditi in Italia, il Centro il 29,6% e il Mezzogiorno il 22,2%.

Nel 2018 il 16,9% dei dottorati è senza borsa; si tratta di una percentuale in progressiva riduzione negli ultimi anni (nel 2010, per esempio, ammontava al 39%) ma il confronto con il trend dei dottorati con borsa (negli anni pressoché costante) dimostra che la diminuzione dei posti banditi senza borsa non si traduce in un corrispondente incremento di quelli con borsa.

L’indagine su dottorato e postdoc contiene anche i risultati di un questionario diffuso dall’ADI nelle università italiane e che ha raccolto in totale più di 5.000 risposte complete. Da queste emergono importanti differenze nelle tasse di iscrizione al dottorato: tra coloro che le pagano, il 50% versa meno di 200 euro, mentre il restante 50% corrisponde importi in un range molto elevato che va dai 200 ai 2.000 euro.

Per quanto riguarda il postdoc, i dati Cineca elaborati dall’ADI rilevano che all’interno delle università il personale precario supera ormai quello stabile: 68.428 lavoratori a tempo determinato e 47.561 a tempo indeterminato.

Di particolare rilevanza è il focus che l’indagine ADI dedica alla questione di genere e da cui emerge che tra il personale stabile solo il 37% è di sesso femminile. Tra il personale precario si ha invece quasi parità tra i due sessi: il 47% è costituito da donne e il 53% da uomini.

La percentuale di donne, inoltre, si riduce progressivamente man mano che si procede verso le posizioni apicali: il 50,3% tra gli assegnisti, il 41,1% tra i ricercatori a tempo determinato di tipo B, il 37,5% tra i professori associati e solo il 23,1% tra i professori ordinari.

Infine il 56,2% dei dottori di ricerca è destinato a uscire dal mondo accademico dopo uno o più assegni; di questi, il 29% dopo un contratto di rtd-A. In totale, ben il 90,5% degli assegnisti verrà espulso dall’Università.

Cosa ci insegna questa ricerca?

La ricerca di un posto di lavoro richiede skill e una formazione accurata ma, se l’obiettivo di lavoro è all’interno delle università stesse la difficoltà aumenta ulteriormente. Le strade a questo punto sono due: la prima è rinunciare a una carriera accademica per cercare lavoro nel privato.

In questo caso la preparazione al mondo del lavoro va affrontata in modo serio, facendosi aiutare, nel caso, da chi è più esperto e conosce bene il settore; come per esempio Cepu, che ha istituito un apposito servizio dedicato agli universitari che vogliono approfondire determinate conoscenze e a chi sta per intraprendere una carriera professionale.

Oppure, se la carriera universitaria è irrinunciabile, se dottorato e postdoc sono la vostra vocazione, occorre armarsi di pazienza e seguire l’iter precario – per il momento – cercando di trovare importanti sbocchi lavorativi nelle università straniere, che offrono certamente più opportunità delle nostre.

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