Whistleblowing, diventa legge la possibilità di segnalare attività illecite in ufficio

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Il whistleblowing, ovvero la possibilità di segnalare attività illecite in ufficio, sia in ambito pubblico sia privato, diventa legge.

Con il termine whistleblower – che letteralmente significa soffiatore nel fischietto, fischiatore – si intende la persona, il lavoratore che rilevi una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione del proprio datore di lavoro – inteso in senso lato, quindi che può essere un’impresa privata o partecipata, un ente pubblico o una fondazione – e che decide di segnalarla.

Si tratta di fatto di un atto di delazione. Ma come, vi starete chiedendo… c’è bisogno di normare con una legge apposita il fatto di sporgere denuncia qualora si fosse a conoscenza di una situazione illegale sul proprio posto di lavoro?

Purtroppo sì perché, indipendentemente dalla gravità del fenomeno riscontrato, molto spesso i dipendenti non danno voce ai propri dubbi per pigrizia, ignoranza, egoismo ma, soprattutto, per paura di ritorsioni o del licenziamento, o soltanto per la frustrazione di non vedere un seguito concreto e fattivo alle proprie denunce.

La legge appena approvata quindi offre una tutela legale per i lavoratori che denunciano le irregolarità, nel caso questi subiscano una ritorsione da parte del denunciato proprio a causa della loro delazione.

Il whistleblowing è uno strumento legale all’estero

Il whistleblowing è uno strumento legale all’estero ed è già stato collaudato da qualche anno, seppure con modalità diverse, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna; in questi due Stati lo strumento viene utilizzato per informare le autorità a riguardo di diverse tipologie di rischio: pericoli sul luogo di lavoro, frodi all’interno, ai danni o a opera dell’organizzazione, danni ambientali, false comunicazioni sociali, negligenze mediche, illecite operazioni finanziarie, minacce alla salute, casi di corruzione o concussione e molti altri ancora.

Chiaramente si evince come sia scontato il fatto che gli stessi dipendenti siano molto spesso i primi ad accorgersi di situazioni al limite della legalità o anche oltre.

Il whistleblowing nella nuova normativa italiana

Il provvedimento entrato in vigore nel nostro Paese tutelerà i dipendenti che segnalino illeciti nelle aziende dove lavorano; tra le misure introdotte a tutela dei denuncianti ci sono il divieto di sanzioni o di demansionamenti e la protezione della loro identità.

Ma il percorso che porta civiltà, legalità e trasparenza nel mondo del lavoro pubblico e privato non è stata lineare né semplice: il Parlamento ha infatti preso in carico la legge dopo 600 giorni a Montecitorio, ma poi ha accelerato con la doppio approvazione al Senato e, dopo alcune modifiche, di nuovo alla Camera.

A fare da innesco al processo di approvazione c’è la storia di Andrea Franzoso che ha denunciato le spese pazze all’interno di Ferrovie Nord e ha raccontato la sua vicenda nel libro Il Disobbediente (edizioni Paper First).

Per il Presidente della Camera, Laura Boldrini, l’approvazione della legge sul whistleblowing “la tutela degli autori delle segnalazioni di reati è un altro rilevante passo avanti del Parlamento nella lotta all’illegalità e in favore della trasparenza. È molto positivo il fatto che la legge nasca anche dalle sollecitazioni di voci della società civile, da campagne di cittadinanza attiva che hanno trovato nelle Camere un ascolto attento“.

Quali protezioni prevede la legge sul whistleblowing

Chi segnalerà reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato, a partire da casi di corruzione, è prevista una tutela dell’identità oltre alla garanzia di nessuna ritorsione sul lavoro o di atti discriminatori.

In particolare, il dipendente, pubblico o privato, che segnala all’Autorità Nazionale Anticorruzione o denuncia all’Autorità Giudiziaria condotte illecite, di cui sia venuto a conoscenza grazie al proprio rapporto di lavoro, non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa che potrebbe avere effetti negativi.

Inoltre non avranno nessun valore eventuali atti discriminatori o ritorsivi adottati dal datore di lavoro. L’identità del segnalante non può essere rivelata. Spetterà al datore di lavoro dimostrare che le misure discriminatorie siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione da parte del dipendente.